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La tristezza


Chi più chi meno tutti abbiamo provato sentimenti di tristezza, talvolta profonda.

Ma che cos'è la tristezza?

Come sempre andiamo a vedere il significato etimologico della parola: dal lat. tristem, che alcuni associano allo stesso ceppo di tènere, cioè consumare, rodere; ma i più ne danno il significato di ruvido, torbido, oscuro. Nei classici latini, viene usato come Aspro, austero, spiacevole, amaro, turbato, tribolato, gramo, infelice, afflitto.

La tristezza quindi è un sentimento, che racchiude più significati, quali aspro, spiacevole, amaro, infelice, afflitto.

Ma che cos'è un sentimento? Il vocabolario etimologico dice che propriamente significa fare “un esercizio della sensibilità”.

Un sentimento è proprio del cuore, l'organo per eccellenza del “sentire” e della sensibilità.

Come si arriva a creare un sentimento?

Tutto parte da uno stimolo esterno, cioè un'emozione. Per esempio per arrivare a provare amore nei confronti di qualcuno, il primo passo è che io veda l'altr*. In quel momento genero un'emozione di interesse. Se quest'emozione si dovesse ripetere più volte, quindi rompesse il “filtro” della mente, allora arriverebbe in profondità direttamente al cuore. A quel punto diventa un sentimento, perché è profondo. Per questo l'Amore, come anche la tristezza, sono sentimenti profondi che hanno necessità di molto tempo per abbandonare il nostro corpo.

Se ci fai caso un sentimento è un termine che racchiude in se molti significati, perché intervengono tantissime variabili, proprio per questo è profondo.

Il sentimento della tristezza è qualcosa che crea un vuoto dentro di noi, una sorta di apatia, che affligge il nostro cuore e la nostra mente.

Come fa a generarsi la tristezza? Quali sono i motivi per cui si arriva a generare tristezza?


Un primo motivo potrebbe essere un'aspettativa delusa.

Se io avessi un'aspettativa nei confronti di qualcosa e questa venisse costantemente disillusa, allora arriverei a provare una profonda tristezza, che verrebbe come una conseguenza della delusione dell'aspettativa stessa.

Infatti la delusione porta alla tristezza.


Un secondo potrebbe essere rabbia non sfogata.

Per esempio mi arrabbio per qualcosa, magari una bugia. In quel particolare momento non posso parlare con la persona che mi ha mentito. Quando ci si arrabbia, i muscoli e le articolazioni si tendono, il sangue circola più lentamente, si alterano le attività cerebrali e l’equilibrio del sistema nervoso, ormonale e cardiovascolare. Superate le prime ore, in cui il mio fisico si trova in queste condizioni, la rabbia inizia a diminuire, e si genera un primo meccanismo di difesa: il parlarne. Ti capita mai di parlare da sol*, magari rivolgendoti alla persona che ti ha fatto arrabbiare, ma senza averla davanti? Ecco quello serve per rilasciare una prima trance di rabbia. È molto utile, però è un palliativo. Infatti la cosa migliore sarebbe affrontare la persona o l'evento che ci ha fatto arrabbiare, il prima possibile e nella maniera più utile possibile. Cioè ti arrabbi perché vuoi vedere riconosciuto un tuo bisogno, quindi riuscire a farlo riconoscere o ad esprimere.

Successivamente il corpo inizia a tranquillizzarsi, cioè ad allentare la tensione sui muscoli e sulle articolazioni, e il sistema cerca di ripristinarsi al meglio possibile. Ma proprio perché è stato molte ore in tensione, la mente ha fatto permeare quello stimolo, andando a colpire il cuore. A quel punto si genera il sentimento di tristezza, che racchiude amarezza, delusione, ci lascia turbati, ma va a creare anche una certa corrosione di noi stessi. Per questo ci sentiamo vuoti. È come se la tristezza abbia corroso una parte della nostra anima. Se riuscissimo a parlare con la persona o a risolvere l'evento che ha generato in noi l'emozione iniziale, inizierebbe immediatamente il processo di “guarigione”.

Se non si riesca a risolvere la questione in un tempo breve, allora la tristezza pervaderebbe il nostro corpo con tali effetti sul corpo:

innanzitutto si diventa più sensibili al freddo.

Infatti la scena iconica della tristezza è la persona che guarda dalla finestra con un plaid addosso e una tazza di thé calda.


Una seconda conseguenza è quella di intaccare l'appetito.

A seconda delle persone si può generare un aumento dell'appetito con conseguente aumento di peso o una totale diminuzione. Maggiore è la sofferenza subita, maggiore sarà la diminuzione. In più si perde il gusto nei confronti dei sapori dolci, anche per questo li cerchiamo, perché va in carenza la milza.

Aumenta l'attività cerebrale.

Infatti quando noi siamo tristi, come abbiamo già visto, vogliamo risolvere il problema o la cosa che ci affligge, quindi pensiamo ed elaboriamo molte più informazioni. Questo porta a sprecare molte energie, senza in realtà risolvere nulla.

Aumenta lo stress.

Infatti capita a molte persone, che quando sono tristi, diventano particolarmente irascibili. Questa è una conseguenza dell'aumento dello stress, che viene sfogato (ahimè) sugli altri.

Quando il corpo sta iniziando la “guarigione” si attiva il processo del piangere.

Piangere, in medicina cinese, è proprio dei polmoni, che sono collegati al cuore. Il cuore vuole liberarsi e usa i polmoni per far emergere le lacrime, proprio come liberazione. Infatti non bisognerebbe mai trattenersi, soprattutto a causa del giudizio che si ha nei confronti del piangere.

Se la tristezza, non venisse lenita e quindi non iniziasse il processo di guarigione, la sedimentazione porterebbe alla depressione, cioè la cronicizzazione della tristezza, ma questo è un altro argomento.

 
 
 

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