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Il Burnout


Non so se ti sia mai capitato di non riuscire a fare qualcosa perché il tuo corpo non risponde, anche se ti sforzi in tutte le maniere per provarci.

Era il 1 agosto e come ogni lunedì mattina, mi metto a scrivere l'articolo e la newsletter. Quello che è successo, per la prima volta in due anni e mezzo, è che il mio corpo si è rifiutato. Provavo una sensazione di nausea.

Non solo.

Anche se ho una lista di argomenti messi in fila, perché ogni articolo che scrivo segue un filo logico più grande, ho provato a superare quella sensazione e mettermi comunque a scrivere.

Nel mio cervello regnava il silenzio.

Nulla di nulla.

Eppure, te l'assicuro, io sono una persona che difficilmente non ha nulla da dire. Può capitare di dover integrare le mie conoscenze con delle ricerche (cosa che alla fine ho fatto per questo articolo), ma il silenzio assoluto non mi era mai capitato.

Mi sono detto, “Vabbè, c'è comunque domani per poterlo scrivere”.

In realtà, come hai ben potuto vedere, quel domani non è mai arrivato, per tutto il mese di agosto.

Era come se il mio cervello, di seguito alle poche energie che avevo, stesse scegliendo dove indirizzarle. In quel momento dovevo realizzare (quindi fare ricerche, vedere film, studiare artisti o leggere libri, scrivere il video o la scaletta e girare) 12 video, oltre a scrivere gli articoli settimanali. Sono arrivato al 20 agosto, mio ultimo giorno di lavoro prima di una settimana abbondante di pausa, che non avevo più un briciolo d'energia. Quella sera, sono andato a letto abbastanza presto, anche se era sabato, e ho dormito quasi 10 ore.

Sempre per farti comprendere, normalmente ne dormo tra le 6 e le 7,5.

Così è stata anche la notte dopo.

Comunque, senza che ti racconti tutta la mia esigua estate, ho potuto sperimentare personalmente quello che viene definito il “burn-out”.

Devo essere onesto: me lo sarei risparmiato volentieri.

Ma dovendo fare tante cose da solo, gestire persone, fare cose burocratiche, ecc. gli ultimi 4/5 mesi sono stati davvero molto faticosi.

Comunque: che cos'è il burn-out?

È una terminologia inglese che significa “spegnersi-incendiarsi”.

È un esaurimento emotivo, che conduce ad una diminuzione delle capacità professionali e a un forte disagio psicofisico.

Ovviamente ci sono casi e casi, ma sembra siano state individuate quattro fasi.

Ora andrò ad elencartele e a spiegartele.

La prima è caratterizzata da un entusiasmo idealistico verso il lavoro. Si ha un investimento energetico elevatissimo, motivato dall’ideale di aiutare gli altri, ottenere successo, essere efficace e utile per le persone. Queste motivazioni sono spesso accompagnate da aspettative irrealistiche di riuscita, dal desiderio di poter fornire soluzioni efficaci e immediate, di ottenere successo, apprezzamento e miglioramento dello status economico e sociale. Inizialmente il lavoratore è molto attivo, talvolta esaltato per il lavoro, arrivando a sacrificare il resto della propria vita per raggiungere gli scopi prefissati.

Per quanto mi riguarda, il mio scopo è quello di poter diffondere il Life Helping il più possibile, affinché più persone possano Essere Gioia e stare bene, cosa che in un periodo come quello che stiamo vivendo, a mio parere, è fondamentale. Ed è vero, per come l'ho gestita, non sono uscito la sera per svariate settimane e a malapena andavo a pilates. Praticamente tutto il mio tempo è stato dedicato a questo. All'inizio pensavo di poter fare cinque video a settimana, non avendo idea di quanto lavoro “oscuro” ci fosse dietro, ed è stata questa la mia riuscita “irrealistica”. Ad oggi sono arrivato a farne uscire due a settimana (anche se ne scrivo e progetto di più), ed è possibile per me poterlo fare senza prosciugarmi totalmente.


La seconda fase è la stagnazione. Il lavoro non soddisfa del tutto quelle che sono le aspettative nei confronti dei propri bisogni e ideali; ci si scontra con le difficoltà, i rallentamenti, e i possibili insuccessi reagendo in modo passivo o negativo. Si passa così da un ingente investimento iniziale a una graduale diminuzione dovuta ad un senso di delusione.

Per quanto mi riguarda questa fase è stata leggermente diversa, perché non ho mai avuto un senso di delusione o ho reagito in maniera passiva o negativa. Però indubbiamente ci sono stati svariati problemi lavorativi che hanno rallentato o creato incomprensioni e questo ha creato preoccupazioni, che poi si sono potute risolvere con un investimento d'energia ulteriore. Essendo io comunque un essere umano, come ti ho detto all'inizio dell'articolo, il mio cervello ha scelto autonomamente dove indirizzarle e ha risolto tutti i problemi che l'inizio di una qualsiasi impresa comporta, quando ci sono svariate persone da gestire e da far “amalgamare”.

La terza fase riguarda la frustrazione. La sindrome da burn-out inizia ad aggravarsi proprio in questa fase. Il professionista ha la profonda sensazione di sentirsi inutile e che non vengano riconosciute le proprie capacità, il proprio sforzo e i risultati portati, nonché la convinzione di non avere un'adeguata formazione per le mansioni da svolgere. Di conseguenza potrebbe attuare comportamenti aggressivi verso se stesso o verso gli altri, manifestare ansia e attuare comportamenti di fuga dal lavoro come pause prolungate, assenze per malattia.

Per quanto mi riguarda questa fase c'è stata, ma non è stata così tragica come viene descritta dai manuali e soprattutto non ha avuto tutti i sintomi. Il mio lavoro è sempre stato quello di aiutare gli altri, quindi non ho mai diretto un'azienda e non ho mai fatto lo youtubber. Essendo esperienze totalmente nuove, ho avuto sicuramente dei momenti in cui non mi sentivo “adeguato” al tipo di lavoro svolto, cosa che penso sia realistica da pensare. Quello di cui mi sono reso conto e penso abbia fatto la differenza per me, è che durante il mio percorso di vita, ho costruito una centratura personale che mi ha dato la consapevolezza che sarebbe stata semplicemente una fase (e così è stato). Non ho avuto stati d'ansia o comportamenti aggressivi, ma soltanto, come avrai potuto notare ^_^ una pausa prolungata.

Quarta ed ultima fase è il disimpegno. Questo disimpegno è soprattutto emozionale e diventa pratico quando, senza un'adeguata presa di coscienza, porta ad un distacco tendenzialmente apatico, fino ad arrivare alla totale disaffezione verso il proprio lavoro, caratterizzata da emozioni e sentimenti quali: delusione, insofferenza, intolleranza, cinismo, indifferenza, ma anche da sensi di colpa, fallimento, tendenza ad ingigantire gli eventi negativi. La naturale conseguenza è il lasciare il lavoro o, nel caso di un lavoro autonomo, la “morte” del lavoro stesso.

Per me questa fase non c'è stata e, spero, non ci sia mai.

Io amo il mio lavoro, amo ciò che faccio, è proprio parte di me.

Quando aiuto qualcuno e quella persona si “illumina”, cambiando la propria vita, diventando ciò che è sempre stato destinato ad Essere, e ti fornisce un feedback indietro “positivo”, penso che sia l'emozione più grande che abbia mai provato nella vita.

Fare lo youtubber non è il mio lavoro in senso stretto, ma è comunque divulgare il Life Helping, e attraverso la mia scelta di fare la rubrica “I Segnali Sono Ovunque”, sto imparando tantissime cose nuove e per un essere umano estremamente curioso e “assetato” di conoscenza quale io sono, è la benzina che alimenta il motore.

Quindi mi scuso con te, per la mia assenza prolungata e totalmente silenziosa, ma ho voluto spiegarti e provare a farti comprendere come mi sono sentito. Ripeto sensazione per me completamente nuova.

Voglio aggiungerti qualche link random dei video fatti, almeno puoi vedere con i tuoi occhi il mio sforzo:


Life Helping baby!

 
 
 

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