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Errare è umano, perseverare è diabolico


Chiunque nella vita ha commesso un errore. Fa parte della natura umana, perché, come abbiamo già visto un paio di settimane fa, il nostro vero apprendimento si basa sul contrasto.


Intanto vediamo cosa significa errore. Viene dal termine Errare: dal latino Errare - andar vagando (senza sapere dove), fig. deviare dal vero.

Errare, quindi è umano, perché nessuno sa prima di aver fatto una cosa come la farà, come si deve fare, ecc.

Diceva un vecchio proverbio: Errare è umano, perseverare è diabolico.

Cosa succede, quindi, quando noi commettiamo lo stesso errore? Oppure come si fa a scegliere, consapevolmente, di evitare di commettere lo stesso errore?

Questo quesito è sopraggiunto di conseguenza ad una situazione che sto vivendo.

Presumibilmente posso già sapere come va a finire, non con precisione, perché ogni situazione o persona è diversa, ma per grandi linee so come potrei viverla io. Perché?

Perché ho già vissuto una situazione che ha caratteristiche simili ed è stata una situazione dalla quale ho potuto imparare molto, proprio per contrasto.


La prima domanda che mi è venuta in mente è stata: ma se io ho imparato molto da quella situazione, perché l'universo me l'ha rimessa davanti? C'è qualcosa che ancora non ho imparato? O sta verificando se realmente ho imparato?

Il mio intuito all'inizio, prima che mi addentrassi nella situazione, mi suggerì la soluzione finale. Quindi intanto la mia anima, già sa come deve andare. Ognuno di noi riceve questi “segnali”. Se una persona è pronta a coglierli è già avvantaggiato.

Successivamente ho passato il tempo fino ad oggi a verificare se il mio intuito avesse ragione, e più ho scoperto, più ho potuto verificare che la strada “migliore” sia proprio quella iniziale.

Questo è tutto a livello “teorico”, di osservazione, di analisi e di comprensione.

Se la sperimentazione significasse dover rinunciare a qualcosa, allora come è meglio comportarsi? Davvero ricommetterei lo stesso errore, sapendo come va a finire? Oppure sceglierei diversamente? Quanto sono attratto dalla situazione, affinché io ricommetta lo stesso errore?

È in questa situazione che ho compreso il proverbio di prima. Il richiamo a questa situazione viene dalla mia parte ombra. Io ne sono “attratto”, in una certa qual maniera.

Non solo. Se io la vivessi in maniera diversa, starei sperimentando una cosa “nuova”.


Quindi c'è qualcosa che ancora non ho imparato? Sì.


L'universo sta verificando se realmente ho imparato? Sì


È a questo punto che interviene una componente che fino ad oggi non ho mai trattato: la gestione.


Cosa intendo per gestione?

Gestire: dal lat gestus - far gesti, ; in più particolare significato dare a conoscere i propri sentimenti, particolarmente con gioia e desiderio, coi gesti, coi moti del corpo.


Anche se è un giudizio (e non bisogna mai giudicare), questa definizione è meravigliosa. Perché dico che è meravigliosa? Perché nel linguaggio corrente, gestire si associa al controllo. Niente di più sbagliato.

Conoscere i propri sentimenti (quindi il tuo interno) con gioia e desiderio attraverso i gesti esterni.

Ovviamente non è sempre con i gesti, ma è l'approccio, quello che conta. Con Gioia e Desiderio (di volerlo fare, quindi intenzione).

Quindi io ho imparato dalla mia prima situazione? Sì.

Come posso gestire la situazione di oggi? Attraverso ciò che ho imparato, quindi esprimendo me stesso.

Se ho imparato davvero, il mio Essere non ha alcuna intenzione di ricommettere lo stesso errore. Quindi posso “gestire” la situazione con la consapevolezza del passato e posso scegliere di seguire una strada nuova o quella che il mio Essere mi indica come la migliore.


Ho sofferto, sono stato male, ho provato dolore o qualsiasi cosa sia stata. Sarei davvero un masochista a ricommetterlo, non trovi?


Eppure, allora perché le persone ricommettono lo stesso errore, pur sapendo, in che direzione porta?

Per mancanza di Amore. Verso se stessi ovviamente.

Gli esseri umani quindi sono masochisti? In un certo senso sì. Andiamo ad osservare le risposte alla domanda precedente:

  • Innanzitutto se i miei genitori mi hanno sempre giudicato, io continuerò a giudicarmi, dandomi addosso. Questo è Amore? No.

  • Se il loro esempio, o l'esempio delle persone a me vicine, è quello di trascurare se stessi, tipo la salute, l'alimentazione, la meditazione, ecc. e, peggio ancora, giudicare chi lo fa, io posso imparare a prendermi cura di me stesso, quindi darmi Amore? Ovviamente no.

  • Se io mi paragono agli altri, sto amando me stesso, cioè sto riconoscendo il mio valore, o sto semplicemente (a seconda del metro di paragone) innalzando o sminuendo me stesso? Questo non è Amore.

  • Se io mi creo delle aspettative, quindi mi faccio un film mentale su una particolare situazione, invece di osservarla, mi sto dando Amore? No

  • Se io genero attaccamento nei confronti di una situazione, invece di poter prenderne il meglio imparando, sto dando Amore a me stesso? No.

  • Se io do sempre la colpa agli altri o a me stesso (è indifferente... è comunque puntare il dito), invece di osservare oggettivamente e assumermi le mie responsabilità, potrò mai imparare dai miei errori e quindi porre rimedio dandomi Amore? Ovviamente no.

  • Se io sono sempre distratto, non ho quindi l'attenzione e l'intenzione di imparare dai miei errori, posso riconoscere le similitudini tra le situazioni e quindi evitare di ricommettere lo stesso errore? Ovviamente no.

Queste sono solo le prime 7 macro motivazioni. Sono tutte ben visibili e davanti ai nostri occhi tutti i giorni. Eppure siamo così concentrati sul dito, senza vedere che sta indicando il cielo e la luna o il sole.

Quindi se io amo me stesso, voglio evitare di commettere gli stessi errori, perché so dove mi porteranno, quanto potrebbero farmi soffrire o quale prezzo sto pagando.

In una certa qual maniera quindi, la consapevolezza va a braccetto con l'Amore.

Più io mi Amo, più sarò attento, più sarò consapevole e questo circolo virtuoso, si auto-alimenterà!

 
 
 

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